Lettera aperta alle istituzioni: la risposta del Presidente Soro

Non si è fatta attendere la risposta del Presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, alla lettera aperta inviata dai giuristi Andrea Lisi e Enrico Pelino lo scorso 25 marzo.

Il documento, sottoscritto da diverse Associazioni ed esperti del settore, è stato inviato, oltre al Garante privacy, al Presidente del Consiglio Conte, ai ministri Pisano, Patuanelli e Manfredi, al Commissario Domenico Arcuri e a Invitalia.

Con questa nota, è stato chiesto alle istituzioni coinvolte varie considerazioni in tema di protezione dei dati personali e trasparenza alla luce della possibilità di adottare in Italia un sistema di tracciamento informatico dei cittadini sul modello Sudcoreano, sul quale si percepisce un significativo rischio di derive e utilizzi gratuiti.

Qui di seguito la risposta integrale del Presidente Antonello Soro, che ringraziamo per l’attenzione e la cortesia.

 

Gentili Avvocati,

la Vostra nota del 25 marzo mi induce a formulare alcune considerazioni, che spero possano risultare utili al dibattito, di questi giorni, sul rapporto tra protezione dati e misure di contenimento dei contagi da covid-19.

Molte delle osservazioni contenute nella nota sono da me condivise (e, peraltro, più volte affermate in queste settimane e in dichiarazioni rese alla stampa o agli organi parlamentari, come nel caso dell’audizione tenuta l’8 aprile dinanzi alla IX Commissione della Camera dei deputati). Ma la rilevanza del tema e la mia intima convinzione dell’utilità, in ogni circostanza, del dialogo mi inducono comunque, a sottolineare alcuni aspetti di merito.

Premetto che in assenza di misure ancora, allo stato, concretamente adottate, stiamo da circa un mese ragionando su ipotesi, variate peraltro sensibilmente nel corso delle settimane. La soluzione su cui, negli ultimi giorni, il Governo pare stia convergendo (ovvero quella di un’app volontariamente attivabile, che raccolga dati bluetooth pseudonimizzati) è sensibilmente diversa dalle misure ipotizzate meno di un mese fa e sulle quali ho avuto modo di esprimere, in più di un’occasione, perplessità e rilievi. Sin dall’inizio, ho potuto chiarire che qualsiasi soluzione adottata a fini di prevenzione epidemiologica non possa che rispettare rigorosamente i criteri di necessità, adeguatezza, proporzionalità e temporaneità prescritti dall’ordinamento interno e da quello europeo per la legittimità di tali misure.

In questo senso, dunque, rispetto al Vostro monito a non “dar carta bianca” a qualsiasi soluzione di tracciamento, credo Vi si possa rassicurare rilevando come tale atteggiamento sia assolutamente estraneo al Garante ma anche, ritengo, allo stesso Governo, cui non mi sentirei di imputare un’azione sprovveduta o, peggio, sprezzante del diritto alla protezione dati.  

In ordine alla distinzione, anche da Voi tracciata, tra finalità repressiva e finalità solidaristica della misura, richiamo le considerazioni svolte nella citata audizione, circa la natura relazionale del giudizio di proporzionalità, per questo inevitabilmente condizionato dal grado di meritevolezza e utilità sociale dello scopo sotteso al trattamento. Nell’audizione, peraltro, ho avuto modo di apprezzare il fine sotteso a sistemi di data tracing volti non già a sanzionare la violazione degli obblighi di permanenza domiciliare, ma a ricostruire la catena dei contagi per sottoporre ad accertamenti i potenziali positivi. Si perseguirebbe infatti, in tal modo, quella componente solidaristica del diritto alla salute quale interesse collettivo – valorizzata dalla giurisprudenza costituzionale sugli obblighi vaccinali -e che Aldo Moro, in Assemblea Costituente, ben sottolineò non potersi disgiungere dal rispetto della dignità umana.

Quanto alla paventata pervasività della misura, la soluzione ultimamente ipotizzata non contempla affatto la generalizzata mappatura degli spostamenti, ma la sola acquisizione dei dati (pseudonimizzati) sulle interazioni più strette, ricavabili tramite la funzionalità bluetooth che volontariamente si scelga di attivare sul proprio dispositivo. Per altro verso ho sempre chiarito, in ogni circostanza (da ultimo, in audizione) come la soluzione tecnologica non possa in alcun modo disgiungersi da una risposta sanitaria adeguata. Sono assolutamente convinto che il tracciamento dei dati non avrebbe alcuna utilità in assenza di risorse umane (e persino di reagenti!) per accertarne l’effettiva positività dei cittadini venuti a contatto con persone infette.

Ho anche rilevato come tali misure (la cui efficacia si stima dipenda dall’adesione di circa il 60% della popolazione, non necessariamente dalla totalità) siano tanto più utili in un contesto di graduale ripresa delle attività e di mitigazione degli obblighi di permanenza domiciliare. Ma ciò non toglie- va chiarito – che anche nell’attuale regime di lock-down un data tracing così concepito possa rendersi assai utile per contenere i contagi, sempre purtroppo possibili anche nell’ambito di quelle limitate attività oggi consentite, in ragione della particolare capacità virale del coronavirus. Nessuno, infatti, può garantire che nel fare la fila in farmacia possano esservi soggetti inconsapevolmente positivi capaci di trasmettere il virus per via aerosolica o per contatto.

Ancora. Non pare prospettato, allo stato, alcun tipo di utilizzo di questi dati per segnalare assembramenti o zone particolarmente affollate: obiettivo per il quale sono sufficienti i dati anonimi e aggregati acquisibili dai più vari gestori, sulla scorta peraltro di quanto indicato dalla Commissione Ue nella raccomandazione dell’8 aprile.  

Tutt’altro che a un presunto “monitoraggio gratuito”, la misura prospettata pare pertanto preordinata all’individuazione dei possibili contagiati in fase, peraltro, precoce: obiettivo, questo, indispensabile per il contenimento dell’epidemia e, quindi, per la tutela del diritto alla salute ma anche – visto l’alto tasso di letalità del virus- persino alla vita, come hanno sottolineato giuristi dell’autorevolezza di Giorgio Lattanzi.

Non si tratta, dunque, di indulgere ad alcun “monitoraggio di Stato”, ma di non omettere di adottare ogni cautela idonea a limitare il numero di contagi (e quindi di morti), con modalità assolutamente rispettose della riservatezza individuale.

Quanto ai lavori della Commissione istituita dalla Ministra dell’innovazione, rilevo che, allo stato, l’impatto della misura in discussione sui diritti non appare onestamente trascurato.

Circa la trasparenza della composizione (di cui il Garante certo non risponde), posso dire, per quanto ci riguarda, che l’Autorità vi partecipa nella persona del Segretario generale, da me designato quale rappresentante, in una posizione affatto distinta da quella degli esperti di nomina ministeriale, al fine di esprimere, già in quella sede preliminare, le esigenze di tutela del bene giuridico affidato alla cura dell’Autorità.  

Ringraziandovi per la consueta attenzione, spero di aver chiarito alcuni aspetti, di indubbia complessità e in costante evoluzione, dei temi rilevantissimi da Voi rappresentati, colgo l’occasione per porgere cordiali saluti.

Antonello Soro

Roma 9.04.2020

Fonte: Anorc

Scroll to Top